Cinema

The Blackout

The Blackout

di Abel Ferrara USA, 1997, CIPA/Les Films Number One/MDP Worldwide. Regia: Abel Ferrara; Interpreti: Matthew Modine, Béatrice Dalle, Dennis Hopper, Claudia Schiffer, Sarah Lassez; Sceneggiatura: Abel Ferrara, Marla Hanson, Christ Zois; Fotografia: Ken Kelsch; Montaggio: Anthony Redman; Musiche: Joe Delia. Durata: 1h e 40’. La teoria psicoanalitica del ‘doppio’ e il sottile limen che separa la realtà dalla finzione sono portati fino alle estreme conseguenze in The Blackout, ennesima impresa cinematografica del geniale regista newyorkese Abel Ferrara. È la storia di un doppio viaggio all’inferno, dentro la psiche e le ossessioni di Matty, attore hollywoodiano sulla cresta dell’onda (interpretato da Matthew Modine) che dopo un periodo trascorso lontano dalla fidanzata Annie(Béatrice Dalle), un’eccentrica modella, decide di raggiungerla a Miami dove Mickey(Dennis Hopper), l’amico regista, sta girando un film intitolato Nana-Miami che vede proprio nella sua fidanzata la protagonista. Annie, a causa della tossicodipendenza dell’attore e degli eccessi a cui è continuamente sottoposta, gli confessa di aver fatto un aborto e decide di troncare la loro relazione. Matty sprofonda in un pericoloso abisso interiore tra alcool, droga e allucinazioni in cui perde progressivamente contatto con la realtà. Il tutto avviene sotto il video-occhio di Mickey, abituato a riprendere il reale in modo ‘rosselliniano’, senza finzioni, lasciando che la verità si generi da sola nell’ambito di un contesto indotto, che, in pieno delirio di onnipotenza da regista, vuol fare esplodere la testa al già devastato amico. Tutto il film è costruito su una struttura bipartita, doppia. La prima è la parte che si svolge a Miami, in alcune zone sordide come Little Havana, che assume a questo proposito i connotati simbolici della città della perdizione. Nell’altra metà si trova la parte che si svolge a New York, che per una volta assurge ad oasi di tranquillità e calma rilassante. La bipartizione concettuale è presente anche nel ruolo stesso di Modine (chiamato Matty, un ulteriore sdoppiamento tra finzione e realtà) che impersona, appunto, un attore hollywoodiano, ossia una figura abituata, per indole e per contratto, ad entrare in un’altra personalità e farne le veci in una narrazione che deve essere sentita come vera e reale. Già per costituzione, quindi, Modine è un personaggio sdoppiato e sdoppiabile, schizofrenico per l’arte si potrebbe dire. Ma non è il solo. Molti elementi di dicotomia pervadono il film: la donna bruna, la dark lady Annie, opposta alla donna bionda, l’angelica Susan (Claudia Schiffer), una sofisticata gallerista di Soho legata a Matty, che proprio al suo fianco trova la pace domestica; la salvezza e la perdizione, che l’una e l’altra rappresentano; la staticità e la ricerca; il piano narrativo e quello metanarrativo del film nel film Nana-Miami. Insomma Ferrara tende a creare, all’interno di un continuo esercizio di stile, un film scomposto, delirante, in cui sono evidenti le sue consuete tematiche di disperazione, della perdita di sé, della violenza, già viste nei precedenti Il cattivo tenente, (1992) e Occhi di serpente, (1993) e da cui le ossessioni escono e si raggomitolano confermando la grande attitudine del regista per gli incubi che si generano dal proprio ego distorto.